Steli
Performance partecipata di trasformazione del territorio
Ci troviamo ai margini di una frontiera che separa due stati. Due lingue, due costituzioni, due monete diverse. Eppure la frontiera non la si vede, la si intuisce soltanto. C’è un gran passaggio di auto, moto e bici qui sul Colle del Gran San Bernardo. La strada è panoramiche che di più non si può, le curve morbide sembrano un disegno fra i prati verdi di fine estate. E dietro l’albergo Italia, un po’ in disparte rispetto alla strada principale e l’andirivieni di persone, proprio sotto la statua dedicata al santo protettore degli alpinisti e dei montanari sta succedendo qualcosa.
Delle persone – degli artisti! – stanno mettendo in piedi uno spettacolo.
«È una performance partecipativa», mi spiegano.
«Partecipativa? In che senso?» chiedo io.
«Nel senso che la si fa insieme alla gente che passa, a chi sceglie di prendere parte, di partecipare.»
«Ma se siamo così nascosti, chi parteciperà?»
«Qualcuno partecipa sempre» rispondono, sereni.
Sarà ma io intorno non vedo nessuno a parte noi.
Poi però una musica ipnotica inizia a scorrere dalle casse, gli artisti, con movimenti lenti e precisi, svelano dei grossi steli – dei lunghi bastoni colorati- che si aprono a ventaglio appoggiandosi al terreno. Con rotoli di nastro adesivo invitano i passanti – che in effetti iniziano magicamente ad arrivare, come attratti dal movimento creativo – a unire gli steli fra loro, creando piano piano una struttura leggera, una lingua colorata che si srotola fra i prati, fra le rocce. Man mano che la costruzione cresce, i colori cambiano. Le persone accorrono divertite, si mettono a legare fra loro gli steli colorati, in posizioni inusuali, irripetibili, sempre nuove.
Alla fine un’enorme struttura dei colori dell’arcobaleno si snoda sotto la statua di San Bernardo. I bambini e gli artisti la percorrono muovendosi sinuosi, destreggiandosi fra gli steli.
Tutti ci guardiamo soddisfatti, contenti, “abbiamo fatto proprio un bel lavoro” ci diciamo gli uni gli altri, dimenticandoci che non ci siamo mai visti prima, che non ci conosciamo, e che quello che abbiamo fatto è qualcosa il cui significato non è ben chiaro neanche a noi.
Ecco ora capisco cosa intendevano gli artisti con “ partecipativa”: è qualcosa che ti spinge a fare, a costruire, insieme agli altri, in un’idea di collettività che ti riempie di gioia. Una struttura effimera, colorata e gioiosa, costruita nel giro di qualche decina di minuti e poi subito destinata a scomparire.
Magari fossero così tutte le frontiere: labili, giocose, pacifiche e condivise.







